"Pura defluit" è inciso nel suo stemma civico.
Ed è appunto grazie alle acque che sgorgano limpide e benefiche da una falda sotterranea perenne che questo paese ha modellato il proprio nome e la propria storia d'angolo incantevole di Terra di Bari come un inno alla fertilità della terra e, quindi, al rigoglio della vita stessa.
Acquaviva delle Fonti
Le radici del nostro paese
Le origini di Acquaviva non sono certe. Alcuni studiosi le fanno risalire intorno al IV / V secolo a.C. nella zona di Salentino, a pochi chilometri dall'attuale abitato, su un'altura che domina una fertilissima zona pianeggiante.
I de Mari ad Acquaviva
di Chiara Dalfino Spinelli
L' origine del casato si fa risalire ad un Ademaro capitano di Pipino il Breve, che nel 795 avrebbe liberato Genova dai Longobardi e sarebbe stato nominato Conte; successivamente ben 11 de Mari avrebbero ricoperto il ruolo di consoli della repubblica. Ansaldo de Mari, console, sarebbe stato ambasciatore presso Federico II, quindi ammiraglio della flotta Imperiale; lo stesso ruolo di ambasciatori avrebbero ricoperto i suoi discendenti, presso Carlo e Roberto d'Angiò.
Il palazzo de Mari
La cattedrale

"AEDES MAXIMA PUBLICIS SUMPTIBUS AD AMPLITUDINEM EXCITATA 1594 DUCE ALBERTO DE AQUAVIVA".
Centro storico e dintorni
All'interno delle vecchie mura cittadine, con una forma quasi circolare, c'è il centro storico, oggetto negli ultimi anni di una riscoperta e rivalorizzazione che è tutt'ora in corso, nelle cui stradine è possibile trovare angoli molto suggestivi.
Nel centro storico troviamo la Chiesa di Santa Chiara. La chiesa è parte di un monastero di clausura la cui contrastata edificazione risale, a quel che risulta, ai primi decenni del 1600: iniziato intorno al 1621, l'edificio è completato nel 1667 con la costruzione della chiesa di S. Chiara.
La fabbrica è a pianta centrale allungata e presenta, sui due lati, quattro cappelle (con altari decorati con stucchi di età barocca) di cui una, quella del Crocifisso, pare sia appartenuta alla famiglia Molignani.
Oltre a reliquiari intagliati nel legno, la chiesa era dotata (attualmente, dopo la chiusura al culto per effetto dei danni prodotti dal terremoto del 1980, arredi e opere d'arte, quando non già trafugati, sono variamente dislocati) di pregevoli tele attribuite al pittore bitontino Carlo Rosa : una raffigurante la Natività, un'altra Sant'Oronzo e, sull'Altare maggiore, una tela raffigurante la Madonna con il Bambino fra i Santi Francesco e Chiara.
Il pavimento antistante l'altare maggiore, realizzato in ceramica napoletana, presenta un elegante elemento ornamentale raffigurante un pellicano che si ferisce il petto per nutrire i figli.
La facciata è bipartita in due sezioni: quella inferiore in dorico fiorito, sormontata da una trabeazione con metope decorate con maschere e immagini floreali, e quella superiore in ionico. La chiesa che, come si è già detto, faceva parte del monastero di clausura, nel 1888 fu affidata alla Confraternita dell'Immacolata Concezione.
La piazza principale
Suscita particolare interesse la storia dell'attuale Piazza Garibaldi che, sia per la sua estensione che per la sua collocazione topografica (al centro del paese) ha assolto, nel tempo, varie funzioni pubbliche.